CHIESA MADRE
già sotto il titolo di S. Maria de' Paradiso
Costruita per devozione del popolo intorno al XII secolo, ricostruita nel 1756. Adiacente alla chiesa è una torre, eretta nel XII sec. come torre di guardia alla porta principale di ingresso alla città, e divenuta, dopo vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli (gli ultimi interventi sono del 1535) torre campanaria.
LE ORIGINI
La Chiesa di Santa Maria del Paradiso, sede della Parrocchia di San Giorgio Martire, fu costruita, come diverse fonti ci confermano, tra il XII e il XII secolo. A volerne la costruzione fu il popolo di Racale, tanto che l’Università ebbe sempre l’incombenza della manutenzione del sacro edificio. Era posta all’ingresso dell’antica Porta Terra a protezione della città dalle incursioni dei nemici.
È davvero poco usuale il titolo conferito alla chiesa di Santa Maria de Paradiso e non è chiaro quale sia la sua origine, se si tratta di una volgarizzazione del titolo di S. Maria di Costantinopoli o del titolo dell’Assunzione, o se si tratta di un titolo integralmente coniato a livello locale con cui si intendeva venerare la Vergine Maria.
Fatto sta che nel corso dei secoli, il nome ha subito diversi cambiamenti legati soprattutto al cambio del nome dell’omonimo altare sempre conservato nella stessa chiesa. In seguito alla traslazione in questa chiesa della Parrocchia di S. Giorgio il titolo originario della chiesa andò gradualmente scomparendo a favore del titolo parrocchiale.
Dal punto di vista della sua struttura, agli inizi del sec. XV la chiesa presentava uno sviluppo a navata unica ed interamente affrescata con una piccola abside emisferica dove trovava posto l’altare dedicato a Santa Maria de Paradiso di cui oggi è conservato soltanto la pala, un altare che merita particolare attenzione per la sua raffinatezza estetica e per le sue vicissitudini storiche. Infatti già alla fine del XVII sec. era collocato all’esterno della chiesa, completamente abbandonato alle intemperie e alle monellerie dei. La sua sostituzione è dovuta a diverse cause: dapprima il fatto che non fosse della forma prescritta dal Concilio di Trento, in secondo luogo dal fatto che la mensa dello stesso, nella seconda metà del 1600, si presentasse già in uno stato di avanzata degradazione. Di fatto alla fine del secolo fu sostituito da un altare nuovo in marmi policromi, di stile napoletano, mentre di esso si perdono le tracce fino alla visita pastorale del 1892 in cui Mons. Ricciardi, vescovo di Nardò, rimproverò il clero per lo stato di abbandono di un monumento così pregiato e raffinato.
Ciò che oggi ci rimane è la pala dell’altare interamente scolpita in pietra. Presenta al centro la figura del Cristo Risorto (oggi decurtato del braccio destro) poggiato sul tempietto del tabernacolo. Intorno al Cristo sono composte sei formelle, tre per lato, raffiguranti in bassorilievo scene della Passione tutte ispirate al testo del Vangelo di San Giovanni.
Tornando alla struttura della chiesa, vaste trasformazioni furono realizzate in seguito al trasferimento giuridico della parrocchia, cioè fra il 1527 e il 1535.
Fu abbattuta l’antica abside e ne fu costruita una nuova più grande e alta. Fu rifatta integralmente la facciata, elevandola al pari del nuovo livello della chiesa, mentre le antiche volte in legno furono sostituite da volte in pietra.
Tuttavia a causa di continue infiltrazione nel 1742 la chiesa versava nuovamente in pessimo stato, tanto che il Vescovo ne ordinò la costruzione «ex-novo». Ma nella notte del 20 febbraio 1743 un terribile terremoto scosse tutto il Salento, seminando panico e distruzione. A Racale crollarono tutti gli edifici più antichi e instabili e la Chiesa di S. Maria de Paradiso fu una delle più disastrate: si crepò tutta quanta; crollò la volta e fu tirata giù gran parte della facciata. Così si procedette alla ricostruzione della chiesa.
La ricostruzione venne eseguita da Mastro Domenico Saracino di Martano che costruì la chiesa integralmente nuova, dal momento che tutte le strutture antiche che erano rimaste in piedi, furono incamiciate e rivestite da una muratura nuova. La conferma di ciò si è avuta quando nel nostro secolo, nel tentativo di aprire una nicchia per riporre la statua di un Santo, si è portato alla luce il vecchio pilastro con un bellissimo affresco di Sant’Elia.
I lavori eseguiti dal 1744 al 1746 furono: l’ampliamento dell’abside, dopo aver abbattuto la parte del muro cittadino aderente alla chiesa, spingendo la stessa quasi sul ciglio del fossato; la ricostruzione del transetto, della navata e della volta, interamente rifatta “a stella”; la ricostruzione della facciata, ma sulle fondamenta di quella precedente e ricalcandone lo stile.
Nel contempo anche gli altari trovarono una nuova sistemazione: l’altare maggiore in marmi policromi e la sua balaustra presero posto sul presbiterio, che si apriva tra l’abside e il transetto; nel braccio sinistro del transetto fu collocato un bellissimo altare anch’esso in marmi policromi dedicato alla Beata Vergine del Rosario, sormontato da una tela di ottima fattura, della fine del 1600; nel braccio destro fu posto l’altare dedicato a S. Sebastiano, opera dei primi del 1700, con tela della stessa epoca attribuita a Nicola Malinconico (praticamente identico a quello presente nella Concattedrale di S. Agata in Gallipoli, ma di proporzioni più piccole). Nel transetto fu creata una nicchia a muro per conservare la pregevole statua in legno di stile veneziano raffigurante San Sebastiano e realizzata agli inizi del 1700, in corrisponde dall’altra parte del transetto un’altra nicchia ospitava la statua della Madonna del Rosario, anch’essa in legno, già esistente a metà del 1600.
Ma nel 1762 l’umidità penetrata dal tetto aveva già reso fradici gli intonaci interni e tutti gli interventi successivi, più che risolvere il problema, apportarono solo danni, ora alla struttura ora alle decorazioni.
L’accresciuta popolazione di Racale rendeva scomoda e insufficiente la vecchia chiesa parrocchiale, tanto che si incominciò a parlare della costruzione di un nuovo tempio. Ma poi prevalse l’idea di ricorrere ad un ennesimo restauro che durò dal 1908 al 1912 senza che si risolvesse nessuno dei problemi e con un effetto deleterio dal punto di vista della storia e dell’arte. Si deve aspettare l’ennesimo restauro del 1972 per portare a soluzione alcuni dei gravi problemi conservativi del monumento e far riacquistare l’antica dignitosa bellezza sia alla facciata sia alle cornici e stucchi interni.
Oggi la sacrestia della chiesa si presenta come un piccolo museo dove sono custoditi monete romane, bizantine, veneziane e reperti archeologici messapici rinvenuti durante i lavori di restauro. Adiacente alla chiesa continua a svettare la torre campanaria del 1535, rimasta indenne all'evento sismico e che è rimasta unica testimone degli antichi torrioni di difesa delle mure cittadine, andando questa a formare anticamente la Porta Terra.